Sintesi del gruppo di lavoro GIOVANI E DIGITALE – Seminario GCL 2018

Seminario I GIOVANI E LA COSTRUZIONE DI VOICE. Partecipazione, futuro e identità.
5-6-7 settembre 2018 Casa Terre Comuni – Vigo Rendena TRENTO

GRUPPO: Giovani e digitale: il rapporto tra le nuove generazioni e gli spazi digitali. Quali scenari.
coordina Giovanni Campagnoli – Esperto di politiche giovanili, project manager Hangar Piemonte, autore di “Riusiamo l’Italia” e “La quasi impresa”…

RELATORI :
Enrico Piras e Cristina Calvi (FBK – Trento): Educare, fare ricerca, costruire insieme. Contrastare il cyberbullismo con un approccio partecipativo. ABSTRACTSLIDES
Marco Scarcelli (IUSVE Venezia): Adolescenti, media digitali e vita quotidiana. I giovani nella società dell’informazione . ABSTRACTSLIDES
Michele Marangi (Media educator, Cremit -Milano):  La rete come metafora. Una parola, quattro possibili prospettive pedagogiche sul rapporto tra giovani e digitale. ABSTRACT
Silvia Fornasini (FBK – Trento): Promuovere l’invecchiamento attivo attraverso lo scambio intergenerazionale. ABSTRACT

La sintesi su GIOVANI E DIGITALE di Giovanni Campagnoli.

Primo punto. Una questione che è stata subito affrontata dal gruppo è che il digitale oggi va considerato come l’ambiente l’atmosfera culturale creativa in cui i giovani o meglio le persone vivono e in cui si cresce. Non c’è più una dicotomia tra reale e digitale, cioè l’identità è la stessa, la cittadinanza e la partecipazione è sempre più digitale, anche la distinzione tra online e offline può essere sostituita da quello che è definito come onlife.  
Secondo punto. Non è utile per la comprensione di questi  fenomeni un approccio allarmistico come un po’ è capitato con la dipendenza da sostanze stupefacenti quando si iniziava a parlarne: ricorrere al minacciare, al diffondere paure, al chiamare subito l’autorità costituita, in particolare la polizia postale, per ricordare quali sono i reati che possono essere commessi attraverso i social non aiuta.
Per  riuscire a comprendere il fenomeno bisogna proprio avere la capacità di ascoltare e anche osservare come oggi i giovani fruiscono di questi media di questi strumenti, cosa ne fanno,  e in quali luoghi, e quindi anche la ricerca è un po’ diversa. Si è detto che ad esempio che è molto utile per produrre nuova conoscenza  un approccio etnografico: stare con le persone, ascoltarle, condividere proprio  la fruizione di queste esperienze digitali.
Chiaro: è un tipo di ricerca più costosa, più lunga da realizzare ma è quella che permette la vera comprensione dei fenomeni.
Terzo punto. Ai ragazzi vanno riconosciute le competenze che vengono acquisite attraverso il loro fruire dei media. Questo l’ha già fatto l’industria che ha capito chi è l’operaio 4.0 e quindi è arrivata prima probabilmente del sociale dell’educativo e della scuola a capire che ci sono delle persone che utilizzano gli strumenti digitali nella vita normale e che possono essere capaci di utilizzarli nella produzione industriale e quindi essere più efficaci, più efficienti e anche più soddisfatti e quindi forse anche superare la dimensione dell’alienazione del lavoro.
Bisognerebbe che anche la scuola riconoscesse questo e quindi capisse anche le potenzialità e le opportunità educative che l’uso dei social ha in sé.
Questo è proprio una cosa da fare: se la scuola riuscisse a capire a comprendere ed applicare ad esempio si diceva l’uso dei videogames ai programmi scolastici sarebbe una bella conquista per il mondo della scuola, quindi anche il fermarsi , ascoltare i ragazzi, chiedere loro cosa fanno, quali strumenti usano, su quali social sono… aiuta.
L’uso dei Social si può comprendere se si va anche a sottolineare questa dimensione emotiva calda che i ragazzi e la ragazze traggono da questo utilizzo e collegata a questa la dimensione del piacere : ai ragazzi piace stare lì, piace giocare. Da un certo punto di vista è un po’ come quando un adulto dedica del tempo a una propria passione: non è che sta perdendo tempo bensì sta dedicando del tempo alla propria passione. Allo stesso modo  non è che i ragazzi che stanno sui social  per forza perdono tempo, non studiano, non fanno altre cose. Non è detto che quello stare lì  permetta loro di acquisire delle competenze
Affinché l’adulto possa comprendere perché questo interesse dei ragazzi sui social può essere utile pensare a quando era Natale e noi ricevevamo un giocattolo nuovo : giocavamo un sacco di tempo con quel giocattolo lì e anche per parecchi giorni. Per i ragazzi è lo stesso: superare un nuovo livello, un  nuovo gioco ha quel sapore lì. Se non ricordiamo questa così non riusciamo a comprendere questa dimensione dei ragazzi.
I ragazzi non sono così scemi come li si dipinge cioè hanno all’interno degli anticorpi che possono aiutare la comprensione di alcune dimensioni che ci sono e anche di pericoli che sono legati all’utilizzo delle nuove tecnologie e che probabilmente i ragazzi qualche strumento in più di difesa hanno così come l’allarmismo di per sé non è utile: se ci sono degli insulti sui social magari ci sono delle bolle dei picchi che durano due o tre giorni ma poi il quarto giorno è finito tutto.
Non è che bisogna correre a denunciare se queste cose avvengono in modo estemporeaneo, occasionale.
Sono sempre avvenute da un certo punto di vista in altri formule e in altri luoghi . E‘ adesso una riproposizione.
L’altra cosa che forse va compresa è che l’acquisizione  di competenza attraverso l’uso dei social può anche contribuire a formare quelle competenze creative che oggi in Italia non sono serie B. Cioè non è poca roba. Anzi sono competenze potenti quando si parla di design si parla di questa cosa qua, non pensiamo più di nuovo sia una cosa negativa di per se, pur rappresentando tutte le negatività.
Non una conclusione ma un rilancio: nel 21 secolo bisogna un po’ rieducarsi a quella che è questa nuova cultura. Rieducarsi perché il tema dell’educazione non può riguardare in questo momento una componente adulta che sa e una componente giovanile che non sa,  è una rieducazione davvero globale che comprende tanti target con tanti ruoli ma a tutti i livelli e gli adulti  forse  sono  quelli più spiazzati in questo momento. Questo  non è un problema: facciamo in modo che l’educazione avvenga anche nel mondo adulto attraverso l’apprendimento esperienziale: si impara proprio facendo, si impara entrando nelle cose, immergendosi e poi però avendo anche del tempo per distanziarsi , per osservare e per capire.
L’invito dunque, aperto a tutte le persone interessate, è di  contribuire alla produzione di nuove riflessioni e nuovi materiali su queste dimensioni.

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