Resilienza e modelli culturali: un costrutto ambivalente

di Gabriella Burba

Sul tema della resilienza molto è stato pubblicato negli ultimi anni dal punto di vista psicologico e pedagogico, con proposte di interventi volti a rafforzare tale caratteristica di personalità nei singoli individui. Meno numerose sono le indagini e le proposte per quanto riguarda la resilienza delle comunità e delle organizzazioni, scarse quelle finalizzate all’obiettivo di analizzare i modelli culturali e le weltanschauung dominanti per comprendere quanto siano coerenti con una crescita della resilienza sociale. Sembra anzi che la finalità implicita di molte indicazioni di intervento sia quella di rafforzare l’individuo in un contesto caotico e disorientante, attrezzandolo per affrontare le inevitabili difficoltà in modo solitario e competitivo, tramite una corsa senza fine all’acquisizione di competenze sempre maggiori e sempre diverse. E addossandogli in questo modo tutta la responsabilità  di un eventuale insuccesso. Il rischio in varie concezioni della resilienza è infatti quello di ridurla a capacità di adattarsi in un contesto problematico, senza aprire interrogativi sulla possibilità o addirittura la necessità di impegnarsi invece per un cambiamento del sistema.

Questa deriva verso un approccio individualistico di sopravvivenza e di soluzioni adattive, spesso di mero galleggiamento, pone gravi problemi anche a livello educativo, rinviando a interrogativi di vecchia data sul rapporto comunità-individuo, oggi troppo sbilanciato sul secondo versante. Le proposte non possono che partire dall’alternativa fra due modelli:  uno, quello oggi più diffuso di matrice neoliberista, per cui il dato della progressiva destrutturazione sociale è irreversibile e quindi bisogna dotare gli individui di strumenti e competenze per navigare a vista e cavarsela da soli; l’altro, che invece ritiene necessario il cambiamento degli attuali assetti sociali per promuovere un sistema più equo, più sostenibile, più coerente con il principio di uguale dignità di tutti gli esseri umani.

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L’artwork è stato realizzato da Mathias Drescig, che in vista della festa della donna dell’8 marzo, ha rappresentato la figura femminile in quanto simbolo di nascita, delicatezza e forza.

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