Povertà giovanile e comunità locali

di Toni Pamasolo

La povertà è una condizione in continua trasformazione. Concettualmente ambigua, difficile da misurare, risulta strettamente connessa alla disuguaglianza prodotta da processi socioeconomici, guerre, carestie, pandemie e cataclismi ambientali. La sua natura multidimensionale è sempre più esplicita nelle espressioni linguistiche, oggi usate dagli esperti della materia, che significativamente travalicano il riferimento all’economico e diventano: povertà educativa, alimentare, abitativa, relazionale, estrema. Per cogliere appieno questa natura multidimensionale sono state elaborate originali metodologie di misurazione e sono apparsi nuovi e appropriati indici statistici.

Anche il profilo dei poveri è in continuo cambiamento. Negli ultimi anni sono comparse varie categorie inedite di persone in condizione di povertà: nuovi poveri, poveri inclusi, working poor, senza dimora, impoveriti, ecc. Categorie che spesso vanno ad aggiungersi a quelle precedenti, mai o quasi mai a sostituirsi. In questo contributo ci occuperemo di un particolare profilo: quello dei giovani poveri. Non perché sia inedito: nel corso della storia non mancano certo esempi di bambini e adolescenti in condizioni di povertà. L’interesse è dettato da una rinnovata attenzione dedicata a questo fenomeno negli ultimi anni. Fenomeno peraltro non semplice da analizzare, in quanto alla sfuggevolezza della povertà somma i confini incerti della categoria di giovane.

Nella prima parte dell’articolo illustreremo come, in Italia nel corso dell’ultimo decennio, ricorrendo ai principali indicatori statistici, la povertà si sia diffusa nelle coorti d’età più giovanili della popolazione. E grazie ad un nuovo indicatore avremo modo di capire quanto sia diffusa la povertà educativa. Accanto alla misurazione del fenomeno, nella seconda parte, daremo descrizione delle più significative misure di contrasto attivate per combattere la povertà minorile ed educativa. A conclusione proveremo a dare spiegazione del titolo scelto, sostenendo quanto il tema trattato abbia a che fare con le comunità locali.

Nella sua ideazione originaria, l’articolo includeva un’ulteriore parte in cui ci si proponeva di rispondere ad una serie di domande: quanti sono i giovani che riescono ad uscire dalla condizione di povertà grazie a questi interventi? E come ci riescono? Quali sono i fattori che consentono di rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono loro la piena fruizione di processi educativi e di inclusione nella società adulta? Quali sono i percorsi di successo che possono essere diffusi e replicati? E, soprattutto, il concetto di resilienza, oggi così à la page, ci può fornire qualche chiave interpretativa ulteriore?

Pur premettendo che, ad oggi, questi quesiti faticano a trovare solide basi empiriche su cui fondare delle risposte, si è ritenuto di rinviare ad un prossimo articolo futuro l’esposizione dei risultati di alcune indagini in grado di fornire anche indicazioni operative a quanti si occupano di condizione giovanile.

Nel frattempo ci auguriamo che il lettore continui a riflettere mantenendo vivi l’interesse e la curiosità sul tema.

 

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