Giovani e
identità
Giocando attorno all’assunto che fu di Simone de Beauvoir a proposito dell’identità femminile, potremmo dire che giovani non si nasce né si “diventa”. L’identità giovanile è uno stato di sospensione, che nonostante la determinante rilevanza per lo sviluppo delle persone, è uno stato temporaneo, forse perfino effimero. Alberto Melucci (1943-2001), che ha percorso a lungo i territori di queste giovani umanità, lo ha definito come “Il gioco dell’Io” (1990) perché frutto di equilibri relazionali sempre incerti e bisognosi di ridefinizione e di comprensione.
Da adulti guardiamo retrospettivamente a quell’epoca come si guarda ad un vecchio armadio con abiti e oggetti dismessi.
Questi oggetti acquisiscono una dimensione simbolica che ci evoca i percorsi che non abbiamo intrapreso e allo stesso tempo non sono più capaci di rappresentarci per intero.
In questa sezione cercheremo di capire cosa questo armadio che ciascuno di noi ha riempito e che oggi viene riempito dai nostri giovani può raccontarci delle storie di crescita dei giovani. Saranno storie buone o problematiche a seconda dei casi, ma saranno un modo per guardare da vicino queste “loro” storie, maschili e femminili, di gruppo, legate al corpo, ai pensieri, al loro divenire attori sociali di questa società-teatro che distrattamente le contiene.
Come si è inceppato “Il gioco dell’Io”?
Le comunità sono da sempre crogiuoli di potenzialità peculiari, situate, che possono generare innovazione sociale. La novità attuale è che queste innovazioni non sono più estese (o estensibili) a livello nazionale. Assistiamo, infatti, al prevalere delle...
Baby boomers, ovvero gli ex giovani.
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